La fiscalità delle pseudo-monete tra deficit normativo e prassi interpretativa
Il tema della fiscalità delle criptovalute è di crescente attualità, soprattutto alla luce dei recenti crack di aziende come FTX e dei rumors su possibili regolarizzazioni fiscali. Attualmente, la normativa è lacunosa e frammentata, sia a livello comunitario che nazionale, con conseguenze sulla gestione fiscale e antiriciclaggio. L’Agenzia delle Entrate ha tentato di colmare il vuoto normativo basandosi su una sentenza della CGUE del 2014, ma il contesto attuale, fortemente influenzato da fenomeni speculativi, richiede un intervento legislativo urgente per una regolamentazione più chiara e la tutela dei risparmiatori.
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Edoardo Belli Contarini
9/22/20235 min read
Il tema delle criptovalute è sempre più attuale per i seguenti motivi:
i) i cospicui guadagni, ma anche le perdite realizzabili;
ii) il recente crack di FTX negli USA;
iii) i rumors di un'altra "voluntary disclosure", ovvero un'ipotesi di regolarizzazione per il passato riguardante le pseudo-monete.Tratterò il tema - peraltro molto vasto, toccando aspetti come antiriciclaggio e fiscalità - facendo riferimento anche al contributo pregevole della prof. Pierro, pubblicato sulla Rivista di diritto tributario nel 2020, oggi ripreso e aggiornato nel libro "La tassazione dell'economia digitale", a cura di Gallo-Uricchio, con cui mi trovo d'accordo (cfr. in particolare "Definizione legislativa e regime impositivo delle criptovalute", pp. 543 e ss.).
La vigente e insufficiente disciplina dell'oro digitale
La vigente, insufficiente disciplina del cosiddetto "oro digitale", nonostante sia così diffuso, è regolata in modo lacunoso e frammentato sia a livello comunitario (cfr. bozza Regolamento MICA), sia, a maggior ragione, a livello domestico.In effetti, il legislatore ha per così dire "tappato i buchi", regolando soltanto alcuni aspetti "più urgenti", intervenendo nei seguenti ambiti:
Antiriciclaggio (d.lgs. 231/2007, e successive modifiche);
Frodi realizzate con contante, mezzi di pagamento e criptovalute (d.lgs. 184/2021);
Iscrizione nell'apposito registro degli operatori anche online della filiera delle criptovalute (miners, exchanger, custodial-wallet), nonché nell'apposita sezione del registro speciale tenuto dall'O.A.M. (decreto MEF 13.1.2022);
Comunicazioni, a partire dal 2023, da tutti gli operatori finanziari ai sensi dell'art. 7 dpr 605/1973 all'Archivio dei rapporti finanziari (Anagrafe tributaria), delle movimentazioni in criptovalute, con impatti sull'accertamento tributario, anche di natura sintetica/redditometrica (art. 38 dpr 600/1973).
Al di là di questi isolati aspetti, seppur importanti, manca una disciplina regolatoria di vigilanza, sia a beneficio dei risparmiatori sia tributaria, a tutela dei contribuenti, che si trovano esposti a pesanti sanzioni in un quadro di incertezza normativa. In assenza di regolamentazione, gli uffici sono sostanzialmente liberi di catturare materia imponibile, facendo leva su alcune (inapplicabili) disposizioni del TUIR, previa assimilazione discutibile delle cosiddette "valute virtuali" alle valute estere.
Ad oggi, sul versante fiscale, "tutto tace", salvo alcune pronunce dell'Agenzia delle Entrate, risalenti al 2016, che cercano di colmare il vuoto normativo. Tuttavia, la regolamentazione fiscale è lasciata al libero arbitrio della prassi amministrativa, che si rifà a una vetusta e anacronistica sentenza della CGUE (Causa C-264 del 2014), intervenuta peraltro in ambito IVA (art. 10 d.p.r. 633/1972). Questa pronuncia risale a molti anni fa, antecedente ai numerosi interventi legislativi successivi; tuttavia, il mondo della finanza digitale è cambiato notevolmente nel frattempo.
In forza di questa sentenza, resa solo in ambito IVA, ma estesa impropriamente ad altri ambiti tributari, la prassi dell'Amministrazione finanziaria assume che le criptovalute siano equiparabili alle valute estere tradizionali.
Questo ha riflessi diretti, soprattutto in ambito IVA per gli operatori professionali, con l'applicazione del regime di esenzione previsto dagli artt. 135, lett. e) Direttiva 112/2006, e art. 10, n. 3) d.p.r. 633/1972. In base a tale assioma, le pseudo-monete sarebbero assimilabili alle valute estere FIAT, ottenendo così lo stesso trattamento fiscale di esenzione.Problematiche fiscali legate alle criptovalute
L'assimilazione, tuttavia, non è dimostrata, e l'estensione di tale equiparazione ad altri comparti fiscali, come le imposte dirette (IRPEF), è giuridicamente discutibile. In particolare, gli ambiti coinvolti sono:IRPEF: Tassazione dei proventi da cessioni di criptovalute come fossero valute estere (art. 67 TUIR), fatta salva la franchigia prevista.
Monitoraggio fiscale: Obblighi di compilazione del modello RW, ai sensi dell'art. 4 del d.l. 167/1990, anche per asset digitali privi di collegamento territoriale all'estero (blockchain, wallet, chiavi).
L'approccio interpretativo dell'Agenzia delle Entrate è criticato dalla dottrina, poiché entra in contrasto con il principio di tassatività e legalità, sancito dalla Costituzione. L'IRPEF ha un sistema a numero chiuso di categorie di redditi imponibili, come stabilito dagli artt. 1, 6 e 67 del TUIR. Pertanto, si rende necessario un intervento legislativo che aggiorni il settore delle imposte dirette, poiché la sentenza della CGUE del 2014, sebbene utile in ambito IVA, è ormai superata.
Funzioni e natura delle criptovalute
La criptovaluta, secondo la CGUE, avrebbe una funzione esclusivamente solutoria, cioè di pagamento, basata su convenzioni privatistiche e fiducia, analogamente alle valute FIAT emesse dagli Stati o dalle Banche Centrali. Da qui deriva l'estensione del regime di esenzione IVA alle criptovalute, secondo il principio di parità di trattamento.Tuttavia, le criptovalute non si esauriscono nella loro funzione di scambio, poiché sono spesso utilizzate a fini di investimento e speculazione, come dimostrato dai recenti eventi di default sul mercato. Le criptovalute sono influenzate dalle continue fluttuazioni di valore, in contrasto con la stabilità tipica delle monete FIAT.
L'interpretazione della CGUE del 2014 appare quindi in contrasto con la stessa lettera dell'art. 135, lett. e) della direttiva UE 112/2006, poiché il regime di esenzione fiscale non si estende alle "monete" utilizzate per scopi speculativi.
Regolamentazione del settore e prospettive future
In tale contesto, il Regolamento MICA (ancora in bozza) fornisce spunti interessanti per una regolamentazione più precisa del settore delle criptovalute, soprattutto in relazione alla loro funzione preponderante di investimento e speculazione. Nonostante il principio di tassatività che caratterizza il settore finanziario, il TUF n. 58/1998 riconosce la possibilità di includere le criptovalute nella categoria dei prodotti finanziari, in base a tre criteri:Impiego di capitale;
Aspettativa di un rendimento;
Rischio connesso.
Autorevoli commentatori, come Girino (cfr. "Criptovalute: un problema di legalità funzionale", in Rivista di Diritto Bancario, 2018, p. 733 e ss.), hanno sottolineato come le criptovalute possano essere considerate oggetto di investimenti finanziari, il che dovrebbe attivare i presidi tipici della tutela del mercato finanziario.
Alla luce di ciò, il fenomeno delle valute digitali dovrebbe essere visto non solo come un fenomeno valutario, ma soprattutto come un fenomeno di impiego di capitali, rientrando così nell'ambito dei prodotti finanziari. In presenza di sollecitazioni di mercato relative alle criptovalute, dovrebbero quindi essere applicate le garanzie e i controlli tipici di questi strumenti finanziari.
Considerazioni conclusive sullo stato attuale
Alla luce delle problematiche emerse, appare necessario ridefinire le pseudo-monete in chiave più precisa. Le criptovalute non sono né monete né moneta elettronica, né possono essere considerate come mezzi di pagamento in senso tecnico. Piuttosto, si tratta di un mezzo di scambio accettato in pagamento sulla base della fiducia tra le parti, un bene immateriale o asset. Tuttavia, non è ancora chiaro se possano essere considerate prodotti finanziari, come previsto dal TUF n. 58/1998.Il crack di FTX ha evidenziato l'urgenza di una regolamentazione specifica del fenomeno della finanza digitale. Le criptovalute mostrano caratteristiche finanziarie più che valutarie, e dovrebbero quindi essere soggette a una regolamentazione che ne tuteli l'uso a fini speculativi e l'investimento. Un esempio di questa necessità è rappresentato proprio dalla funzione di investimento e speculazione che sta alla base di molti scambi di criptovalute.
La protezione dei risparmiatori e l'esigenza di una regolamentazione fiscale più chiara sono temi urgenti da affrontare, soprattutto nel quadro di un settore ancora poco normato.
Gli interventi legislativi più recenti
Dopo circa un mese dal nostro convegno, il legislatore ha finalmente raccolto l'invito a regolamentare i profili fiscali delle criptovalute. Con l'art. 1, commi 126-147 della Legge 197/2022, sono stati integrati diversi aspetti, tra cui:Tassazione IRPEF delle cessioni a pronti e dei prelievi dai wallet, introducendo una nuova fattispecie di "redditi diversi" (lettera c-sexies) dell'art. 67 TUIR);
Regolamentazione puntuale degli adempimenti degli intermediari finanziari, ai fini dei regimi del risparmio amministrato e gestito;
Monitoraggio fiscale (quadro RW), con obblighi di dichiarazione più stringenti;
Introduzione di un meccanismo di rivalutazione delle cripto-attività, con il versamento di un'imposta sostitutiva pari al 14%, analogo a quanto già previsto per le partecipazioni e i terreni posseduti dai privati.
Una novità rilevante è rappresentata dalla possibilità di regolarizzare il passato, sia ai fini IRPEF che ai fini del modello RW, con percentuali innovative del 3,5% e dello 0,5% sullo stock delle cripto-attività possedute. Tuttavia, questa sanatoria presenta alcune criticità, poiché risulta contraddittoria rispetto alla necessità di una regolamentazione chiara e coerente.
Infine, la recente circolare n. 30/E del 27 ottobre 2023 dell'Agenzia delle Entrate, che conta più di 110 pagine, non ha risolto tutti i dubbi interpretativi in merito alla fiscalità delle criptovalute. Sebbene siano stati fatti progressi, rimangono ancora molte incertezze e necessità di ulteriori interventi normativi per colmare il vuoto legislativo e garantire una regolamentazione adeguata del settore.



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